Al ritorno a casa dopo l’ultimo “cammino insieme” (completato 😥 ), il mio amico Gianbattista ha inviato questo bel messaggio al gruppo:
“Un grande abbraccio a tutti e un grande grazie al nostro talismano che come un volano ci ha portato per mano in questi giorni felici… Ciao Stefano”
Salto la riflessione sul “talismano” perché, ringrazio, ma non lo sono e come “portafortuna” valgo poco, mentre mi sembra più interessante “ragionare” sul “volano”, perché mi affascina da sempre, …un po’ mi si addice e può essere un’occasione per ragionare sul valore simbolico di questo strumento, nell’ottica dei pregi e dei difetti, con riferimento ad un gruppo in cammino… ma non solo.
Avete mai visto un volano? C’è in tutte le automobili: una ruota metallica montata all’estremità dell’albero motore, su cui è montata la frizione… Quante frizioni cambiate nella mia vita e ricordo ancora Manlio, il meccanico di fiducia di mio padre, che mi spiegava, ero ragazzo, quello che faceva mentre aggiustava la “Bianchina” su cui ho imparato a guidare… secoli fa…
Ricordo bene anche il volano dei vecchi trattori a testa calda, sull’aia: sul volano, “esterno”, era montata la puleggia che faceva girare un “cintone” di pelle, lungo diversi metri (era pericolosissimo avvicinarsi), fino alla corrispondente puleggia della trebbiatrice.
E ancora le mitiche affettatrici a volano, della Berkel, come quella del negozietto di Corso Cavour, con cui il nonno di Alberto affettava la mortadella Levoni (secondo lui la migliore), ancora oggi utile ed utilizzato oggetto (anche di collezionismo).
Ma non parlo solo di “preistoria” e storia; non sono per me, ma le moderne “spin bike” hanno il volano che, in quelle buone, pesa dai 15 kg. in su e permette prestazioni veramente importanti.
Ma cos’è un volano? Una definizione che ho trovato è comprensibile e piena di spunti per una riflessione.
Volano: Organo circolare rotante, di notevole massa, che serve a regolarizzare il moto rotatorio dell’albero nelle macchine alternative, mediante periodici accumuli e restituzioni di energia.
Ci basta questo; non entro nei particolari tecnici (che peraltro non comprenderei), aggiungo solo una breve domanda/risposta perché può chiarire alcuni passaggi:
Come funziona? Con il suo peso, il volano si oppone alla variazioni della velocità (angolare) dell’albero motore, uniformandola, cioè riducendo le accelerazioni e le decelerazioni. Per fare ciò, la ruota accumula energia meccanica durante le fasi “utili” del motore, per restituirla poi nelle fasi passive.
Un gruppo di persone che cammina insieme può essere paragonato ad un complesso e articolato “mezzo di locomozione” collettivo, in cui ogni componente ha un suo “ruolo”, una sua “funzione”, strettamente connessi a quelli degli altri: con dinamiche ed armonie da trovare e “curare”, rispettando le diversità, cercando le complementarietà e le compensazioni necessarie ed indispensabili. La “mobilità lenta” di questo “veicolo” non rende più semplice lo stare insieme, anzi, la fatica acuisce le diversità delle personalità, le età e le provenienze, sia se eterogenee che omogenee, aggiungono variabili che modificano gli equilibri, le pause ed i silenzi, come pure i continui chiacchiericci, possono aumentare le “sensibilità” e le volubilità di ognuno rispetto a questo o quest’altro compagno di cammino.
Il gruppo in cammino sviluppa tanta energia, in alcuni momenti, indipendentemente dal tipo di sentiero, o se si è in salita, pianura o discesa, va tutto benissimo, c’è una positività ed una euforia che contagiano tutti. Poi ci sono anche i momenti dove l’energia collettiva diminuisce o svanisce… una pioggia, improvvisa o continua, una salita “troppo” impervia o una discesa “spacca gambe”, una tappa “troppo” lunga… calda… faticosa; ma anche uno screzio, una discussione, tra chi va “troppo” veloce e chi “troppo” piano, tra chi fa “troppa” fatica e chi sta “troppo” bene.
Il problema degli “aggettivi indefiniti”, come “troppo”, è appunto quello, non c’è un “livello” (in alto o in basso che sia) che possa essere “uguale” per tutti; le “diversità” e la poca “tolleranza” possono far “squilibrare” le relazioni e i rapporti. Per questo, anche in un cammino di gruppo, può essere utile/necessario un volano che provi a “regolarizzare” i tempi e le “fasi”, gli umori e le relazioni, “immagazzinando” l’energia prodotta dal gruppo e “ridistribuendola” quando serve. Ci vuole ascolto, pazienza, attenzione, equilibrio e io, qualche volta, un po’ ne ho.
Il volano ha anche delle “controindicazioni”, la più fastidiosa è quella che io chiamo i “cinquanta giorni da orsacchiotto”… dalla famosa battuta di Massimo Trosi nel film “Scusate il ritardo”. Chi, in genere, ha “entusiasmi moderati” e passioni poco manifeste, a volte un apparente “distacco”/“isolamento”, in un gruppo in cammino non è proprio l’“amicone” o l’“animatore” che sono necessari, come il pellegrino “brillante”.
Mia moglie Cinzia, che appartiene a: “meglio un giorno da leone”, e che, quindi mi stimola e mi sprona più che quotidianamente, mi critica spesso perché, certamente non sono da “cento giorni da pecora”, ma un po’, posato e placido “orsacchiotto” sì.
Penso che chi cammina (sui sentieri della natura e sulle strade della vita) è bene che si guardi dentro e si confidi con le compagne ed i compagni di cammino… se lo fanno tutte e tutti, l’armonia del cammino ed il benessere, personale e collettivo, migliora sensibilmente.