Le “bacchette” per i cammini sono molto utili, ma io preferisco il “bordone”, perché si vive anche di simboli e quindi mi fa sentire un po’ più “pellegrino”, mi ricorda il senso del mio camminare… è anche per questo che non lo chiamo “bastone”.
Il bordone ti sostiene e ti alleggerisce il cammino, è un punto di appoggio che ti trattiene in discesa e ti dà la spinta in salita. Devi alternare la mano che lo tiene non solo per tenerlo sempre “a monte”, ma anche per far muovere e riposare le braccia. Il bordone ti può difendere (forse) da un cane che ti blocca il cammino, comunque ti dà sicurezza; ti fa compagnia. È una metafora di tante dimensioni, tradizioni, valori, esperienze… non ultima il farsi aiutare.
Mi volevo fare un bordone di tre pezzi avvitabili, per portarlo comodamente nello zaino, ma poi l’ho trovato e comprato su ebay: bello.
Un pochino “corto” e allora ho aggiunto, sempre avvitabile, un manico di una bacchetta rotta: riuso, riciclo, second life…: bellissimo.
L’ho provato, testato, utile, pratico, leggero ma resistente. Sono orgoglioso del mio bordone, mi farà fare belle figure con i “camminatori”: perfetto.
Giusto? No, Sbagliato! Fortuna che ci pensa la vita a farmi capire le cose, da solo non ce la faccio.
Ieri prima tappa de La Via del Trasimeno. Comincia a piovere, anche molto, appena scendo dal treno. Subito salita, acqua e fango, pozzanghere larghe tutta la strada, ma sono contento, fiducioso, quasi baldanzoso. Addirittura sta smettendo, un’altra pozzanghera, con uno “stradello” in mezzo, passo lì è solido, all’ultimo passo (chissà perché sempre all’ultimo, ma questo potrà essere oggetto di un’altra riflessione) mi cede il piede destro e “caddi come corpo morto cade” a faccia avanti, sbattendo il naso per terra. Una caduta da stupido.
Mi esce il sangue dal naso, ma per fortuna smette subito e, soprattutto, non si sono rotti gli occhiali, bagnato lo ero già e quindi mi è andata bene… ma non al bordone. Il pezzo di mezzo si è quasi spezzato del tutto, quasi.
Lo svito e porto i tre pezzi più il manico in mano per tutte le quattro ore successive, fino a S.Savino, fine tappa, sperando che con un po’ di adesivo telato si possa risolvere.
Il proprietario dell’agriturismo dove ho dormito me lo ha “fasciato”, adesso c’è una evidente toppa. Oggi l’ho usato con più attenzione, non è più “perfetto” (sì lo so non lo era neanche prima), ma ha retto bene una tappa impegnativa per me e per lui.
Adesso mi piace di più. Nella vita mia e di Cinzia non abbiamo mai avuto “cose” (e persone) perfette, sempre un po’ “fragili”, da “fasciare” e abbiamo cercato di farlo il meglio che potevamo, per farle reggere il più possibile, sapendo che bisognerà continuare a trattarle con “cura”.
Sapendo anche che un bordone non dura in eterno, soprattutto se è “fasciato”, ma finché ci sarà mi accompagnerà… e questo è vero anche per le persone.
Ho un’età di una persona che se la incontravo quando ero piccolo avrei detto “è un vecchio”. Nonostante abbiamo stravolto le età della vita, con danni per tutte le generazioni, è così. Comincio ad essere vecchio.
Lamentazioni? Nostalgie? Recriminazioni? Assolutamente no. Sono contento di avere l’età che ho, come di aver vissuto le età precedenti. Mi torna in mente l’indovinello dell’animale che quando è piccolo ha quattro gambe, quando è adulto ne ha due e quando è vecchio ne ha tre.
In questa “terza” età devo cercare e trovare le cose belle che so che ci sono (altrimenti il padreterno ci avrebbe fatto morire da adulti) e, forse, un bordone “fasciato” mi aiuterà.
Elogio del bordone fasciato