Non esiste una formula chimica (o matematica) dell’amore, ma è evidente e riconosciuto che le emozioni, le sensazioni e anche i comportamenti dell’amore trovano riscontro nel nostro corpo con fenomeni chimici e biologici.
Analogamente mi piace pensare che ci sia una “chimica” del Cammino, che la combinazione di alcuni elementi/componenti del cammino favorisca la sensazione di benessere, appagamento, serenità, felicità che si genera in quanti fanno dei cammini… principalmente di gruppo.
Non sono un chimico e quindi provo a spiegarmi meglio, da sociologo che cerca di “ascoltare” il proprio corpo, con riferimento all’ultima volta che “mi”/”ci” è successo… durante le prime cinque tappe del Cammino dei Cappuccini, da Fossombrone a Fabriano, dal 19 al 23 settembre 2021… in un gruppo di una ventina di persone molto eterogeneo per età, provenienza (diverse regioni italiane), cultura, esperienza, motivazione…
La “curiosità” è una precondizione del cammino; è la molla che fa muovere dalle “case in cui ci nascondiamo” per osservare, conoscere cose nuove, esplorare…
La “disponibilità” è un’altra componente elementare nella “chimica” del cammino, che si declina come disponibilità al cambiamento, all’adattamento, all’ascolto, all’accoglienza, alla relazione, alla contaminazione…
Il “camminare” stesso, un passo dopo l’altro: un gesto naturale ma rivoluzionario in una società dove ci si muove solo con i “mezzi”; un’azione che mette in movimento tutti i muscoli e tiene “sveglio” tutto il corpo al contrario di quello che succede quando si è “imbozzolati” in una quotidianità sedentaria e falsamente “comoda”.
La “lentezza”, una caratteristica del camminare, ma anche un modo per riprendersi il “tempo”, il proprio tempo. Perché nel camminare insieme ognuno ha il proprio passo e, in genere, ci si modula sul passo degli altri, chiedendo di “rallentare” ai più veloci, “stimolando” con rispetto i più lenti ed “accompagnando” chi fa più fatica.
La “fatica”, cioè lo sforzo e l’impegno che generano stanchezza, affaticamento, ma la fatica “depura” e “libera” dalle “sovrastrutture” della mente e dalle “maschere” di tanti nostri comportamenti sociali, predisponendo a contatti e incontri sinceri.
L’ “essenzialità” che è: sobrietà nello stile di presentarsi e rappresentarsi; semplicità, non semplificazione, ma attenzione alle reali priorità e alle cose che contano; frugalità, non pauperismo, ma moderazione ed equilibrio, non solo nel mangiare e nel bere, considerata da sempre una virtù “da Socrate a Thoreau”, che non a caso erano dei camminatori. Il simbolo dell’essenzialità come componente della “chimica” del Cammino è lo zaino, uno spazio limitatissimo, in cui riusciamo a mettere tutto quello che ci serve per cinque, ma anche per trenta e più, giorni.
Il “paesaggio” o meglio, nel caso del cammino di più giorni, “i” paesaggi. Mi piace questa parola perché, secondo me, “contiene” sia gli “ambienti naturali” (con tutto quello che c’è “dentro”, anche di simbolico), che i “luoghi”, i paesi, fatti di muri, di strade, di persone, di relazioni, di storie, di simboli. Il paesaggio non è una cornice e nemmeno uno sfondo, ma al pari delle altre, una componente essenziale del cammino, anzi, per certi versi ne rappresenta una sintesi.
In ultimo, ma non per ultimo, la “spiritualità”, che nelle cinque tappe del Cammino dei Cappuccini è stata ben interpretata dai due frati che ci hanno accompagnato, nel rispetto e nella tolleranza di tutte le diversità presenti: la ricerca di senso e significato, oltre la dimensione materiale, che dà valore e sapore alla vita.
La strana e non prevedibile combinazione di tutti questi (ma anche altri) elementi/componenti determina spesso una sintonia ed una armonia che nasce e cresce con il camminare insieme… non con tutte le persone o in tutti i momenti o in tutti i luoghi allo stesso modo e con la stessa intensità, ma la mescolanza iniziale diventa una miscela “omogenea” di sintonie ed empatie.
Il cammino finisce, ma non gli “effetti” della “chimica” del Cammino.
Con molte persone del gruppo non ci si rivedrà più, si perderanno inevitabilmente i contatti, ma rimane la “memoria” dell’aver condiviso il cammino insieme. È più di un ricordo, che fa stare bene ancora per un po’ e che rimotiva per cercare e fare ancora un cammino, e poi ancora e ancora… dipendenza? forse, mi piace pensare di più ad una buona abitudine o, meglio, ad un bel modo di vivere, con la necessaria continuità ed armonia tra il tempo in cui si cammina ed il tempo in cui si vive in famiglia, si lavora, ci si impegna per la comunità sociale e civile, per l’ambiente e gli altri…
Buon Cammino!
Avevo avuto modo di apprezzare Stefano già prima che ci conoscessimo, dagli interventi sul social del gruppo; poi c’è stata la conferma con la conoscenza diretta ed ora queste riflessioni che mi sorprendono perché inaspettate ma condivisibili. Penso anch’io ad una reazione chimica che avviene perché delle persone, insieme, vogliono vivere una bella esperienza ma nel nostro caso, a innescarla, è stata la presenza di Fra Sergio e Fra Damiano, due Persone veramente speciali!