Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista Welfare Oggi – Fascicolo 3 / 2013
- Trenta anni e non li dimostra… purtroppo
La legge sul diritto dei minori alla famiglia è del 1983; dopo quasi 30 anni l’affidamento familiare dovrebbe essere una pratica “matura”, stabile, consolidata, diffusa omogeneamente sull’intero territorio nazionale, ma così non è…
L’affidamento familiare ha attraversato (e “risentito” di) tutte le fasi di evoluzione e di involuzione del sistema di welfare del nostro Paese; essendo però spesso “marginale” rispetto alle “agende politiche” e alle “priorità” di molti operatori è stato oltremodo penalizzato.
In questi trenta anni sono molteplici le “traiettorie” dell’affidamento familiare che vanno “ripercorse” per (ri)conoscere le questioni importanti e per ribadire la modernità e l’urgenza dell’affidamento familiare.
La prima è quella dei “diritti dei minorenni”, che dal diritto del minore “di essere educato nell’ambito della propria famiglia” della L. 184/83 (cui venne aggiunto “di crescere” dalla L. 149/01), si estende all’accoglimento della Dichiarazione dell’ONU sui diritti dell’infanzia del 1989 con l’approvazione della L. 176/91; purtroppo però dal 2001 cultura e diritti di infanzia e adolescenza sono spesso tornati “invisibili”, si sono confusi, sono stati a volte “assorbiti” nella famiglia.
Un’altra traiettoria è quella delle “istituzioni”, che assumono responsabilità verso i “cittadini in crescita” a partire dalla L. 285/97 e con la L. 328/00, per poi perderle progressivamente in un percorso di abdicazione e di delega.
Una terza è quella della eclissi dei servizi; delle asimmetrie tra servizi: sociali, sanitari, educativi, giudiziari… di una precarietà crescente che penalizza soprattutto gli interventi più complessi e delicati come, appunto, l’affidamento familiare.
Ma come un fenomeno carsico si ripropone l’attenzione a questo provvedimento che: risponde ad un diritto del minorenne, rappresenta un’opportunità di sostegno per la famiglia di origine e di crescita per la famiglia affidataria, è un’occasione per esprimere l’attenzione, la competenza e la solidarietà della collettività verso chi fa più fatica… ed è proprio in questa molteplicità che si può cogliere il valore sociale, culturale e politico dell’affidamento familiare.
L’affidamento familiare non è l’unica risposta possibile alla necessità di allontanare un minore dalla famiglia; a bisogni diversi deve corrispondere un ventaglio di risposte adeguate e appropriate: affidamento, affidamenti, accoglienza residenziale. In tutti gli interventi è però necessario tenere alta la guardia contro l’istituzionalizzazione, che attraversa i “luoghi” e rischia di contaminare anche quelle famiglie che pensano di poter vivere l’esperienza dell’affidamento familiare nell’autoreferenzialità e nella chiusura alle relazioni e al territorio.
L’affidamento familiare è una risposta: impegnativa ed accurata, delicata e forte, rispettosa e articolata.
I modi di fare affidamento familiare troppe volte sono caratterizzati da: confusione, disattenzione, improvvisazione, superficialità rispetto a soggetti, progetti, azioni… È per questo che servono frequenti interventi di “manutenzione” culturale e istituzionale sul tema dell’affidamento familiare.
- Un “percorso” per rilanciare l’affidamento familiare
Ci si sta riprovando, con un’attenzione e obiettivi “alti”, attraverso il Progetto nazionale “Un percorso nell’affido”, attivato nel 2008 dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in collaborazione con il Coordinamento Nazionale Servizi Affido, il Dipartimento per le Politiche della famiglia, la Conferenza delle Regioni e Province autonome, l’UPI, l’ANCI e il Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza. Un progetto che ha la promozione ed il sostegno come obiettivi prioritari, perché l’affidamento familiare trovi diffusione ed adeguato sviluppo su tutto il territorio italiano.
“Un percorso nell’affido” è un progetto nazionale di promozione dell’affidamento familiare basato sulla conoscenza e sulla valorizzazione dell’esistente, che ha utilizzato un metodo partecipato di scambio di esperienze concrete già sperimentate positivamente per l’attivazione, il consolidamento e la manutenzione di reti che vadano oltre i limiti temporali del progetto.
Diverse sono le azioni realizzate dal progetto: Mappa dei servizi per l’affido[1] – Seminari tematici nazionali – Scambi interregionali e convegni regionali – Opuscolo informativo… e poi due progetti ambiziosi: la predisposizione di “Linee di indirizzo nazionali” e di un “Sussidiario per gli operatori” sull’affidamento familiare. Il senso di questo impegno sta nella costruzione di un sapere condiviso, che si vuole proporre nelle opportune sedi istituzionali come doppia “linea” di orientamento: ad un livello tecnico-politico con le Linee di indirizzo; ad un livello operativo-gestionale-professionale con il Sussidiario.
- Struttura, contenuti e operatività delle Linee di indirizzo sull’affidamento familiare
Le “Linee di indirizzo per l’affidamento familiare”, prodotte nell’ambito del progetto nazionale “Un percorso nell’affido”, sono state approvate il 25 ottobre 2012 dalla Conferenza Unificata.
3.1. Caratteristiche e punti qualificanti delle Linee di indirizzo
Le Linee di indirizzo sono delle “raccomandazioni”, con un approccio complessivo e coerente che valorizza soggetti, strumenti e, soprattutto, orienta il processo operativo dell’affidamento familiare (ri)mettendo al centro i diritti ed i bisogni dei minorenni.
Anche se non è frequente nell’ambito dei servizi sociali, ed anche per riequilibrare un’asimmetria “culturale” con i servizi sanitari l’impostazione scelta per la Linea di indirizzo è quella delle “Raccomandazioni e Azioni”:
– ogni argomento viene introdotto dal “razionale”, il ragionamento logico seguito che spiega e giustifica il risultato positivo che si vuole raggiungere;
– per ogni argomento viene proposta almeno una Raccomandazione, formulata in forma “dimostrativa” o come una “tesi”, positiva e propositiva;
– per ogni Raccomandazione viene indicata una o, meglio, più Azioni/Indicazioni operative, più o meno elementari o articolate, che esemplificano le modalità di raggiungimento degli obiettivi indicati.
3.2. Struttura e contenuti delle Linee di indirizzo
Le Linee di indirizzo hanno una struttura articolata in tre macroaree:
- i soggetti e il contesto;
- le caratteristiche e le condizioni per l’affidamento familiare;
- il percorso di affido.
I temi affrontati trattano in maniera trasversale l’organizzazione dei servizi, gli strumenti e i rapporti con l’autorità giudiziaria.
All’inizio vengono proposti degli “assunti fondamentali”, cioè le idee di riferimento che devono qualificare l’intervento dell’affidamento familiare, come, per esempio, la visione positiva delle possibilità di cambiamento delle persone su cui si fonda l’affidamento familiare, ed anche il fine ultimo dell’affidamento familiare, che è riunificare ed emancipare le famiglie, non quello di separare e che, quindi, può essere utilizzato anche per prevenire gli allontanamenti…
Il primo capitolo pone particolare attenzione alla definizione di affidamento familiare e all’individuazione dei soggetti coinvolti, in quanto ogni affido nasce ed è reso possibile dal coinvolgimento di più attori, ciascuno dei quali svolge un ruolo preciso all’interno del progetto: il bambino e la sua famiglia di origine, la famiglia affidataria, le associazioni e le reti di famiglie, il territorio.
Il secondo capitolo descrive le caratteristiche dell’istituto dell’affidamento familiare e le diverse tipologie di affido, in quanto le differenti condizioni e situazioni dei minori e delle loro famiglie in gravi difficoltà rendono non solo opportuno ma anche necessario prevedere una pluralità di forme di affidamento al fine di rispondere in modo eterogeneo, flessibile e modulare ai bisogni diversi e in evoluzione.
Il terzo capitolo focalizza l’attenzione sul percorso di affido a partire dalla promozione e dall’informazione che hanno l’obiettivo di stimolare e far maturare nuove risorse familiari disponibili a realizzare progetti di affidamento familiare e di ampliare la consapevolezza e la conoscenza rispetto a cosa sia esattamente questo istituto e su come funzioni. Forse è questa la parte più “innovativa” ed potenzialmente più efficace perché richiama le fasi logiche imprescindibili per un corretto “uso” dell’affidamento familiare: la formazione degli affidatari, dalla disponibilità al percorso di conoscenza; il “Progetto Quadro”, che riguarda l’insieme coordinato ed integrato degli interventi sociali, sanitari ed educativi finalizzati a promuovere il benessere del bambino e a rimuovere la situazione di rischio o di pregiudizio in cui questi si trova, ed il “Progetto di affidamento”, in cui vengono declinati gli obiettivi socio-educativi legati all’esperienza dell’affidamento familiare, alla permanenza del bambino nella famiglia affidataria, ai rapporti fra la famiglia affidataria e la sua famiglia e con i servizi…; la costituzione dell’équipe sul caso; l’abbinamento tra il bambino e la famiglia affidataria; l’accoglienza del bambino; l’accompagnamento, il sostegno e la verifica dell’affidamento familiare; la conclusione del progetto di affidamento familiare.
3.3. L’operatività possibile delle Linee di indirizzo
Un momento importante nel percorso di elaborazione delle Linee di indirizzo è stato il coinvolgimento dell’associazionismo impegnato sull’affidamento familiare, che ha dato un contributo nella fase finale del lavoro. In seguito all’approvazione delle Linee di indirizzo il “Tavolo Nazionale Affido” (http://www.tavolonazionaleaffido.it) ha affermato che “pur sempre perfettibili, le Linee di indirizzo rappresentano un documento importante per lo sviluppo qualitativo e quantitativo degli interventi di affidamento familiare e per perseguire una sempre maggiore tutela del diritto dei bambini e ragazzi a crescere in famiglia. Occorre tuttavia sottolineare che le buone indicazioni contenute nelle linee di indirizzo nazionali rischiano di restare in gran parte non attuate – come già avvenuto per il Piano nazionale per l’infanzia del 2011 – a causa della progressiva e deleteria decurtazione delle risorse pubbliche (sia nazionali, che regionali e locali) stanziate per l’affidamento e, più in generale, nel campo delle politiche e degli interventi di protezione e promozione minorile e familiare e dell’intero sistema di welfare locale.”
Anche per questo motivo la Cabina di Regia di “Un percorso nell’affido” ha predisposto un piano di monitoraggio in una decina di territori, con il fine di individuare, al momento della messa alla prova con il piano dell’intervento, punti di forza e criticità delle Linee di Indirizzo che, come c’è scritto, “sono affidate ai territori per validarle nei contenuti e nella metodologia e per migliorarle attraverso un percorso di monitoraggio sull’applicazione e di confronto sugli esiti”. Elemento qualificante e supporto operativo del monitoraggio e dell’implementazione delle Linee di indirizzo stesse nel territorio nazionale sarà il Sussidiario, documento di approfondimento tecnico-professionale e “manuale” ad uso degli operatori, ma anche delle famiglie, allo scopo di inquadrare in maniera approfondita ogni tematica, anche attraverso una selezione ragionata di strumenti di lavoro, percorsi, esperienze e materiali più divulgativi che sviluppino e approfondiscano i principi e le raccomandazioni espresse nelle Linee di indirizzo nazionali. Il testo sarà elaborato a partire dai materiali prodotti nel Progetto Nazionale “Un percorso nell’Affido” e con la specifica intenzione di diffondere e valorizzare tali materiali.
La speranza di operatori e famiglie è che le Linee di indirizzo per l’affidamento familiare possano avere un effetto “volano” e rappresentare una “ripartenza” dal nazionale al regionale, al territorio… per operatori, famiglie, bambini e bambine.
D’altra parte difficilmente una indicazione, peraltro non normativa e cogente, può modificare atteggiamenti e comportamenti prima di tutto “culturali” delle persone, delle famiglie, degli operatori, degli amministratori pubblici, dei magistrati. Le “fatiche” dell’affidamento familiare non sono riconducibili, solo, alla scarsità delle risorse pubbliche destinate a questo intervento (anche se si sbaglia di grosso chi pensa che possa essere una “scorciatoia” economica per evitare l’accoglienza residenziale di minorenni che devono essere allontanati dalla famiglia di origine). Fin dall’inizio l’affidamento familiare ha scontato una serie di “scarti” tra affermazioni di principio e comportamenti operativi, a diversi livelli: primato dei bambini e “senso” famiglia – solidarietà personale, familiare e civile (aggravata dalla crisi) – inerzia e mancanza di coordinamento “cronici” nella P.A. e con le formazioni sociali…
Le Linee di indirizzo per l’affidamento familiare contengono una serie di punti di forza e una serie di problematiche che vanno esplicitate per valorizzare le prime e superare le seconde.
Le opportunità sono sicuramente, da un lato un orizzonte organico sia sul piano culturale che metodologico con contenuti che possono orientare correttamente l’operatività nei territori e, dall’altro, una visione unitaria, nazionale, che non mortifica i servizi sociali e sanitari avanzati, perché delinea percorsi e procedura di qualità, e non scoraggia quelli che stanno più indietro, perché traccia linee di azioni possibili e praticabili anche con la sola riorganizzazione dei servizi esistenti. A questo punto non ci sono più molti alibi… cosa c’è da fare, se si crede veramente nell’affidamento familiare, è messo nero su bianco, con una linearità che va “solo” (anche se ovviamente non è facile) correttamente contestualizzata ai diversi livelli istituzionali e territoriali.
Le criticità di questo documento sono sia interne che esterne: sul piano interno la necessità del coordinamento (tra enti pubblici, formazioni sociali, famiglie…), ancorché definita con gli strumenti opportuni, rischia di essere l’ennesima affermazione di principio, affossata da invidie e gelosie tra servizi, a volte camuffate da “altre priorità” o dalle “difficoltà economiche”; sul versante esterno le asimmetrie (istituzionali, organizzative, finanziarie, gestionali, professionali…) tra “sociale” e “sanitario” costituiscono un reale ostacolo per un intervento che, forse, è il più “integrato” tra quelli dell’integrazione socio-sanitaria.
D’altra parte questo documento oggi rappresenta la sintesi qualitativa più avanzata per dare un “futuro” all’affidamento familiare. La convinzione è infatti che l’affidamento familiare, oggi ancor più di ieri, sia una sfida forte per le famiglie e per tutta la società, nel senso della ricerca di una reale e concreta accoglienza e solidarietà, di una vera attenzione al bene dei bambini e delle bambine, che, non dimentichiamolo sono “minori cittadini”, cioè “cittadini in crescita”, e non “cittadini minori”.
[1] http://www.bancadatiaffido.minori.it/